La creazione artigianale armena più nota al grande pubblico resta sicuramente il tappeto. I tappeti caucasici in genere sono molto apprezzati e ricercati dal mercato odierno, e relativamente noti anche tra i non specialisti del settore. Ma come si fa a riconoscere un tappeto armeno?
La tipologia più nota è quella del “tappeto del drago”: vishapagorg in armeno, da vishap = drago e gorg = tappeto. Il drago (vishap), come già spiegato è una figura tradizionale della mitologia armena. Nel tappeto il drago appare spesso molto stilizzato, a forma di “esse” maiuscola, posizionata al centro: in tal caso il drago è circondato da figure zoomorfe e vegetali e da elementi romboidali che danno l´idea di un movimento continuo. In altre tipologie il motivo del drago si evolve lungo i lati del manufatto. Tra le figure zoomorfe compaiono spesso leoni, fenici ed animali fantastici, facilmente ritrovabili anche nei bassorilievi ornamentali di molte chiese armene antiche. Altri tappeti tipici armeni sono il tappeto detto artzvagorg, ovvero “tappeto dell´aquila”, e il tappeto odzakapert – “tappeto del serpente.” Quest´ultimo si ispira ad una leggenda secondo cui dei draghi (vishap) salirono al cielo per dare la caccia al Sole, ma questi li respinse, trasformandoli in serpenti e facendoli così ricadere sulla terra.
Presso diversi popoli l´arte del tappeto è una delle più antiche. Sovente armeni, turchi e persiani se ne contendono, per così dire, la primogenitura.
Un´antica leggenda armena narra che un vecchio pastore, mentre scendeva dalle pendici dell´Ararat, fu colto da un repentino abbassamento della temperatura e, poiché il mantello tessuto a kilim con cui si riparava non gli era sufficiente, si ingegnò ad annodare dei fili di lana attraverso tutta la trama della tela, ottenendo così un primo rudimentale antenato del tappeto. Ma questa è leggenda, e sicuramente turchi e persiani ne avranno di simili.
Lo studioso tedesco Ulrich Schürmann (1982) invece ritiene che il tappeto più antico a noi pervenuto – il tappeto “Pazyryk”, databile V sec. a C., ritrovato nei ghiacciai del Monti Altai nel 1947 ed oggi conservato all´Ermitage di San Pietroburgo – sia di fattura armena. Quel che è certo è che Marco Polo fu un grande estimatore dei tappeti armeni, tanto che ne Il Milione, nel 1271, scrive: “Gli armeni e i greci, che vivono tra i turcomanni, tessono i migliori e i più ricercati tappeti del mondo.”
I primi vishapagorg a noi pervenuti risalgono al XV sec., mentre i “tappeti del serpente”, detti odzakapert, hanno fatto la loro prima comparsa nel XVII sec. In generale siamo portati a pensare al tappeto come ad un oggetto di ampie dimensioni da collocare sul pavimento o, secondo una consuetudine orientale e slava, appeso, a mo´ di arazzo, alla parete; dobbiamo però sapere che nei secoli scorsi i tappeti erano anche destinati a diversi usi nella vita quotidiana. Venivano infatti impiegati tessuti lavorati a tappeto per confezionare sacche per contenere indumenti, biancheria, o borse per uso personale.
In Armenia la lavorazione dei tappeti ha sempre occupato un posto importante tra i mestieri tradizionali. Questo sicuramente favorito dalla presenza sul territorio delle materie prime, la lana, innanzi tutto. A tale proposito una curiosità: nella lingua armena i diversi tipi di lana assumono denominazioni diverse e specifiche, ad indicare l´importanza che questo prodotto ha sempre avuto nella vita degli armeni. Altri materiali fondamentali reperibili sul posto erano anche il cotone e la seta che, assieme alla lana, venivano trattati con coloranti naturali di origine minerale, vegetale e animale.
Il mercato del tappeto si è sviluppato verso diversi paesi europei a partire dal XVII sec.; a Venezia tale commercio fu particolarmente intenso e le nobili e ricche famiglie della Serenissima consideravano il possesso e lo sfoggio dei tappeti armeni nelle proprie dimore una sorta di status symbol irrinunciabile. Molti quadri dell´epoca, ritraenti gli interni dei palazzi veneziani, lasciano infatti intravedere la presenza di tappeti armeni.
I tappeti armeni antichi, tradizionalmente caratterizzati da nodi fittissimi, sono esposti in diversi musei nel mondo. A Erevan innanzi tutto, al Museo di Storia Nazionale si possono ammirare decine di tappeti, realizzati in epoche diverse e secondo le varie tipologie precedentemente menzionate. Famoso comunque è anche il tappeto “Gohar”, dal nome della sua tessitrice che non si è limitata a firmarlo, ma vi ha aggiunto una lunga frase in armeno, precisando la data di produzione: il 1700. Questo manufatto straordinario è conservato al Victoria and Albert Museum di Londra. Diversi altri tappeti artisticamente rilevanti sono esposti in molte città europee, tra cui Berlino o Budapest. Un vishapagorg di notevole pregio era conservato presso la chiesa parrocchiale di Burano, ma fu ceduto a privati verso metà del secolo scorso.
Per quanto concerne l´Italia, un ruolo importante fu svolto dal villaggio di Nor Arax, sorto in Puglia, su iniziativa del poeta Nazariantz negli anni ´20. Qui nel 1927 si costituisce la Società Italo-Armena dei Tappeti Orientali, dove trovano impiego molti profughi armeni. La qualità del prodotto realizzato a Nor Arax doveva essere sicuramente eccellente se una apposita commissione della FIAT decise di commissionare alla Società i rivestimenti delle carrozze ferroviarie destinate alle loro Maestà il Re e la Regina d´Italia. Quando, nel marzo 1929, i manufatti vennero consegnati, la commissione della FIAT, scrisse nella relazione ufficiale che il risultato appariva “un miracolo di pazienza: basti pensare che il tappeto del salone è intessuto con 380.000 nodi per metro quadrato”.15 Sostenitore della Società e della comunità armena fu il ministro Luigi Luzzati, cui è attribuito il merito di aver migliorato radicalmente le condizioni abitative nel villaggio di Nor Arax, facendovi pervenire luce elettrica ed acqua corrente. Alla fine della Seconda Guerra Mondiale Nor Arax cominciò a spopolarsi e i laboratori per la lavorazione del tappeto si trasferirono a Guastalla (Reggio Emilia) e a S.Giovanni in Fiore (Cosenza).